Durante questo lungo periodo di rallentamento di ogni attività, molti clienti ci hanno chiesto notizie e pareri circa la compatibilità dell’uso delle barriere d’aria con la possibile presenza del virus SARS-COVID2 negli ambienti dove sono installate.
La domanda di base era: come si concilia la presenza di barriere d’aria in un ambiente commerciale, con la possibilità che uno o più persone siano portatrici del virus? In altre parole, il rischio di contagio aumenta, diminuisce o rimane inalterato?
Non ci risulta, ad oggi, alcuna presa di posizione ufficiale a questo riguardo, da parte degli organismi preposti, siano essi Enti tecnici o della sfera sanitaria. A questo punto preferiamo elencare i punti dei quali siamo a conoscenza ed esprimere il nostro parere personale.
Gli elementi che, assieme ad altri, aumentano la possibilità di contagio sono il tempo di esposizione e la concentrazione delle particelle virali. In un negozio, ad esempio, la persona più a rischio è l’addetto alla vendita, perché passa molte ore al giorno nello stesso ambiente, a contatto con molte persone diverse. In questo caso nulla si può fare riguardo all’elemento tempo, se non effettuare una turnazione.
Per quanto riguarda la concentrazione invece, si può fare molto. Ogni persona contagiata è, diciamo così, immersa in un’aura di virus; la sua vicinanza prolungata con un commesso aumenta la possibilità di trasmissione. Ma se l’aria dell’ambiente viene mantenuta in movimento, la carica virale del contagiato verrà diluita e “spalmata” in una parte maggiore del volume complessivo del locale, ed ogni persona presente verrà a contatto con un numero di unità virali molto minore, diminuendo il rischio di contagio.
Ancora più importante della diluizione è il ricambio dell’aria: se l’aria dell’ambiente viene estratta e sostituita continuamente con aria esterna (“pulita” per definizione), la concentrazione virale si può abbassare rapidamente a valori di sicurezza.
Entrambi gli obiettivi (diluizione e ricambio dell’aria) vengono in parte raggiunti tramite l’impiego di barriere d’aria, sebbene queste non siano nate per questa funzione. Infatti, i ventilatori creano un anello d’aria, prelevato nella parte alta del locale e lanciato verso il basso (effetto miscelazione e diluizione); inoltre, poiché l’efficienza di una barriera d’aria, per quanto elevata, non è paragonabile a quello di una porta fisica, vi sarà sempre una certa espulsione naturale di aria, sostituita da aria esterna, non contaminata (effetto ricambio). Si stima che tale ricambio valga il 15% di quello che si avrebbe con la porta aperta.
Altro argomento è la possibilità che un flusso di aria contenente il virus sia indirizzato sulle persone transitanti sotto la barriera. In questo caso le possibilità di contagio sono influenzate dalla posizione relativa delle persone tra loro (di fronte, laterale, di schiena…): dati su un flusso proveniente dall’alto non sono reperibili in bibliografia. Tuttavia è possibile con semplici considerazioni arrivare ad una risposta. Quando una persona transita sotto una barriera il flusso d’aria la investe dall’alto verso il basso e questo avviene per la sola frazione di minuto secondo del transito. Possono aversi due casi:
- Il soggetto che transita è un contagiato od un asintomatico: le particelle virali sono spinte verso il basso; non possono aumentare il pericolo per le altre persone presenti in quanto il virus viene spinto lontano della zona di respirazione delle altre persone;
- Il soggetto che transita è una persona sana: particelle virali captate dall’aria interna sono spinte in basso in velocità con un flusso che, per il breve momento del passaggio, contrasta l’atto di inspirazione della persona sana; sembra decisamente situazione meno seria di quella che avvenga all’interno dell’attività commerciale, in aria calma, in particolare se è presente un contagiato.
Ripetiamo, non ci riferiamo ad atti ufficiali, ma elenchiamo argomenti che attingono al buon senso sulla base della nostra esperienza nel settore.
Aperti al confronto, ci terremo costantemente aggiornati.